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Aggiornato Domenica 14-Mag-2023

 

 

 

Volevo ringraziarti perché mai ho visto nel tuo sguardo la minima traccia di giudizio. Mai, nemmeno quando per tutti ero solo la puttanella di Leandro, quella che per sistemarsi si era presa uno che avrebbe potuto essere suo padre strappandolo a sua moglie e ai suoi figli. Oh, certo, Leandro non era un ragazzino, ma io non ero una bambina! Venti anni di differenza, cosa sono? Cosa sono quando ci si ama, quando si mette la propria intera esistenza uno nelle mani dell’altra e lo si fa fino in fondo, fino alla fine, sopportando ogni peso, anche lo stigma sociale, anche la malattia e la morte che con gran soddisfazione di chi non conosce generosità, disinteresse o solo compassione, si porta via tutto: l’uomo che hai amato, la casa, il lavoro, persino gli amici finalmente liberati dall’obbligo di doverti considerare degna della sua vita e del loro rispetto?

Sì, devo e voglio ringraziarti, perché senza conoscermi, probabilmente sapendo solo quello che bisbigliava la gente, tu mi hai sempre sorriso guardandomi negli occhi – e nel tuo modo di salutarmi, guardarmi, non ho mai percepito falsità, ipocrisia, disprezzo.

Fossi stata brutta, grassa, sciatta, la gente avrebbe pensato che Leandro era ammattito o che Dio lo stesse giustamente punendo. La gente avrebbe avuto anche un po’ pietà di me. Invece, ero l’esatto contrario di ciò che tutti avrebbero potuto sopportare in una donna colpevole di sfasciare una famiglia, di accompagnarsi a un uomo considerato troppo maturo per lei. Giovane, bella, curata, appariscente, minuta, magra – troppo, troppo anche per il peggiore degli uomini che magicamente diventa agli occhi del mondo vittima: vittima di un’opportunista, della sua bellezza e della sua gioventù, vittima della paura di invecchiare e morire infelice accanto ad un’arpia e cinque figli devastati dall’ignoranza. Ma la ninfomane ero io, io ero la puttana, quella che strappava un padre ai suoi figli, un marito a una moglie anaffettiva e cattiva, un uomo ad altri uomini conformisti e invidiosi. Tu, però, mi hai sempre sorriso, con gentilezza. Lo fai anche oggi nonostante le angherie del tempo e della vita mi abbiano resa come il mondo mi avrebbe voluto trent’anni fa: brutta, vecchia e sola.

Grazie.

 

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