Clicca
Clicca
Clicca
Clicca
Clicca
Clicca
Clicca
Clicca
Clicca
Clicca
Pagina creata nel settembre 2014
Scrivi!
Aggiornata Martedì 13-Mar-2018

 

CASA DEL BOTTONE

 

STORIA

150.000 lire: nasce con questa cifra nel Settembre 1951 negozio di merceria posto in Via Fillungo 245 la Casa del Bottone. Fu la signora Amalia Pierini a spendere tanto per rilevare il negozio di proprietà delle signore Nocenti Sira e Micheletto Giuseppina che per quella cifra lasciarono alla signora Amalia non solo l'attività ma anche il mobilio e tutta la merce in esso contenuta. In quel periodo vigeva una rigida la licenza commerciale, e la vendita al pubblico era rivolta quindi a prodotti come "...pannine, cuffie e baverini, bambagia, retine da notte, articoli di curiosità giapponesi...".

La Casa del Bottone nasce quindi nel cuore commerciale della città , Via Fillungo e qui è rimasta con piccoli spostamenti (dal 1951 al 1965 al civico 245, dal 1965 al 1971 al civico 186, dal 1971 al 1991 al civico 181) fino al 1991 quando si trasferisce in Via Michele Rosi 9, naturale proseguimento di Via Fillungo, all'ombra dell'imponente Porta dei Borghi, dove si trova tutt'ora.

Nel marzo 1984, la signora Amalia Pierini decide di ritirarsi... ma la storia continua!

Luana Cei, ancora oggi ricordata con tanto affetto dalle clienti più affezionate per la sua pazienza e dedizione, coinvolse la sorella Rosalba a buttarsi in questa nuova avventura rilevando l'attività dove la prima era sempre stata commessa e anche la seconda aveva lavorato per ben dieci anni. Fu la grande intesa fra loro che permise di continuare la vita del negozio.

Per ben 13 anni con tanta passione le sorelle Cei hanno servito insieme la città di Lucca; purtroppo nel 1997 la signora Luana viene improvvisamente a mancare; ma di lì a poco, nell'anno 2000 contagiata dalla stessa passione, è la figlia di Rosalba, Francesca, ad affiancare la madre in questa bella attività.

Oggi per stare al passo coi tempi, oltrepassando la porta di via Michele Rosi, potete trovare anche accessori moda, bigiotteria, abbigliamento oltre che, come sempre...cordialità e BOTTONI!

Fonte: http://www.luccaimprese.it/le-imprese/casa-del-bottone-di-rosalba-cei-and-c-sas/

 

NOTA PERSONALE

 

Ho lasciato le parole che precedono la mia noticina esattamente come le ho trovate: sono così piene di affetto – non avrei saputo far di meglio.

Può un banale negozio di bottoni scatenare una tale passione? Sì, anche se non si sa tenere un ago in mano, perché non si tratta solo di mercanzia, di articoli per il ricamo e il cucito. Dietro questa attività, vi è la storia delle donne - quelle che furono e sono ancora, in parte -, vi è l’arte di arrangiarsi, di rimediare, di inventare a partire da un vecchio capo logoro una gonna nuova, un pantalone, un accessorio prezioso da esibire la domenica e nei giorni di festa. Rammendi che quasi non si notano; le cifre cucite sui grembiulini dei bambini o sugli abiti che porteranno con sé alle colonie estive, perché non vadano confusi con gli altri, o smarriti; vi è la disperazione per un bottone perso che forse obbligherà a cambiarli tutti, con quello che costano!; vi è l’esigenza di acquistare articoli che resistano al tempo, ci sopravvivano, ai quali è oggi difficile dare importanza ma che un tempo rappresentavano l’eredità culturale da lasciare alle figlie e alle nipoti, ben custodita dentro scatole di latta un po’ arrugginite, dentro i cassetti delle vecchie macchine da cucire o quelle belle scatole di legno a fisarmonica che aprendole sprigionavano sospiri e ricordi, immagini nitide di donne chine, nella penombra, a cucire.

Chi di noi, riordinando tra le cose lasciate dalla nonna, dalla mamma, una zia, una sorella più grande, non ha trovato i suoi attrezzi del mestiere di casalinga, di sartina senza riconoscimento e stipendio? Chi non ha aperto quelle scatole, quei cassetti, cercando il bandolo di un’esistenza perduta, ritrovandovi i colori e i profumi di un tempo a cui è difficile dare senso, valore, quando lo si vive? Chi, non più giovane, non ha bene a mente l’insegnamento che se ci si deve disfare di un capo ormai irrecuperabile si tolgono i bottoni e si mettono da parte, perché “non si mai”?

Gli uomini tutto questo non lo hanno imparato, non sanno che i loro avi hanno camminato fieri per le strade perché dietro di loro, a casa, donne sottostimate li hanno mandati in giro in abiti puliti e stirati, con i bottoni attaccati saldamente al posto giusto. E quando tornavano a casa, stanchi o ubriachi, quando andavano a letto, quando i figli finalmente dormivano, quelle donne continuavano a lavorare sino a tarda notte, per loro. Quelle donne hanno riassettato la loro casa, allevato i loro figli, li hanno nutriti, istruiti e curati, hanno permesso al mondo di alzarsi ogni mattina senza avere altre preoccupazioni che infilarsi le scarpe e andare. Quelle donne dovevano chiedere il permesso per fare acquisti, dovevano chiedere il denaro per comprare ciò di cui, poi, avrebbero goduto soprattutto gli uomini. Un giogo durato millenni che a malapena, oggi, le donne – giovani o vecchie che siano - riconoscono come tale.

La “Casa del bottone” (l’ultima attività di questo tipo rimasta nel centro storico, poi, chi avrà bisogno di aghi, spolette, ditali, pizzi, decori, cerniere e quant’altro, dovrà ordinarli su Internet, a scatola chiusa, o acquistarli ai banchetti ambulanti dei cinesi), racconta le donne, il gusto dell’epoca in cui si vive, come si muove e cosa offre il mercato delle minuzie, degli oggetti indispensabili ma invisibili, ai quali ci ostiniamo a dare scarso valore.

Entrare alla “Casa del bottone” richiede che non si abbia fretta. Ci si mette in fila, pazienti, ad ascoltare le commesse che regalano secoli di sapienza alle dubbiose clienti, talvolta si partecipa alla scelta di un colore, ammirati o stupiti di fronte a una tale varietà di toni e fogge. Che si abbia o meno dimestichezza con il cucito, si può uscirne ubriachi, o innamorati – che è la stessa cosa.

 

Clicca
Clicca
Clicca
Clicca

Se non diversamente segnalato, le immagini con firma Cinzia o Ethan Ricci, sono prevalentemente tratte da materiali fotografici e grafici dell'autore e/o sue elaborazioni digitali. La riproduzione parziale e non a scopo commerciale del materiale pubblicato (immagini e testi) è permessa citando la fonte (indirizzo web), l’autore (Cinzia Ricci, Ethan Ricci o altri), diversamente tutti i diritti sono riservati e la riproduzione non è consentita.

Questo sito, testato principalmente con Firefox, Internet Explorer e Safari, è privo di contenuti dannosi per i computer, inoltre, non è ottimizzato per una visione su telefoni cellulari. Risoluzione schermo consigliata: 1024x768.