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Aggiornato Mercoledì 12-Apr-2023

 

 

 

«”Sono un uomo che vive senza convinzione, che ormai conta i giorni sulle dita di una sola mano e mentre lo fa spara cazzate. Mai a raffica – ci vuol talento anche per questo ed io talenti non ne ho -, un colpo alla volta, debolmente e quasi sempre fuori bersaglio”, è questa una delle mie battute preferite e forse è quella che mi rispecchia di più.»
«Pensi che sia possibile un seguito?»
«Tutto è possibile, anzi, è probabile che vi sia.» - seguirono alcuni secondi di silenzio durante i quali Sasha prese a guardare con insolita attenzione il pubblico - «Ma non ne avete le scatole piene di ficcarvi dentro storie di finzione che vanno avanti per decenni? Non avete la sensazione di privarvi di qualcosa, di farvi torto, di farne alla realtà negandole la vostra presenza attiva, il vostro protagonismo? Come potete pensare di essere vivi se ve ne state confinati in una bolla piena di cose che non avete scelto, che non esistono, bolle che altri riempiono con quello che gli serve per tenervi sedati, spiaggiati sul divano o perennemente chini sugli schermi dei vostri apparecchi elettronici? Capisco che la realtà faccia schifo (lo fa certamente più di quello che accade in un seducente prodotto d’intrattenimento e lo fa altrettanto certamente per vostra diretta responsabilità), ma davvero siete convinti che là dentro sia meglio, che questo vi salverà o assolverà, che qualcun altro farà ciò che dovreste fare voi, che accadrà una magia grazie alla quale tutti i bisogni, i desideri che vi abbiamo ficcato nella testa saranno soddisfatti? Realizzatelo voi un seguito, ma camminando nel mondo, tornando a farne parte. Incazzatevi! Scendete in strada! Veniteci a prendere, riempiteci di calci, buttateci fuori dai salotti, i palazzi, la case editrici, le redazioni, riprendetevi il futuro! Se continuerete a buttar giù tutto quello che vi propiniamo, se continuerete a farvi gestire, più presto che tardi avrete solo l’illusione di averne uno, ma in realtà sarete già cibo per i vermi.»
«Matrix…»
«Ma sì, chiamatelo come vi pare… sempre merda è.»
Imbarazzo. Marco decise di spostare l’attenzione sul film: «Per la tua opera prima, come hai trovato il produttore, il regista, il cast?»
«Mi hanno trovato loro. Io avevo già scritto una sceneggiatura simile, ma mi era stata rubata. Poi, dato che avevo stravinto la causa legale e il film aveva avuto un discreto successo, il produttore ci ha visto un affare e mi ha chiesto un canovaccio che seguisse la medesima linea, per andare sul sicuro. Più o meno aveva già tutto: regista, cast, eccetera – mancava solo la storia. Gliel’ho data ed eccomi qui: dal Film al libro il passo è stato breve.»
«In un certo senso potremmo definirli entrambi su commissione…»
«Certo. Ma credete davvero che oggi si possa parlare di originalità, creatività? Che si possa parlare di arte, fuoco sacro, colpi di fortuna, casualità? Se non portassi il cognome di mio padre, nemmeno se avessi scritto la Divina Commedia mi avrebbero preso in considerazione. Nessuno fa più arte, scordatevi questa parola. Forse qualcosa che gli somiglia si può trovare ancora in quei segmenti della cultura lontani dal mainstream e dal grande pubblico, ma anche lì… Alla fine, se devi mangiare, pagare i conti, compromessi li fai, eccome se li fai, se poi cominci a vedere un po’ di soldi e assapori un po’ di successo, uuuhhh come ti passa la voglia di fare l’alternativo, l’idealista!»
«Vuoi dire che nell’ambiente artistico sono tutti mestieranti?»
«Più o meno, sì – e nemmeno tanto capaci, ma non è importante, in effetti. Perlopiù dissimulatori, teatranti, gente che finge di essere ciò che non è, calata a tal punto nel personaggio da credersi tale sul serio - e si sa, oggi, non conta quello che si sa fare, quello che si è (anzi, ciò che si è può essere un handicap insuperabile), conta ciò che si sembra e quanto si è verosimili nei panni che si vestono. Conta la convinzione personale più di qualunque altra cosa. Puoi essere Dio, ma se non sei fermamente convinto di meritare fama, ricchezza, riconoscimento (o non sei capace di fingere di crederlo al di là di ogni ragionevole dubbio), nemmeno a lavare i piatti in una bettola di provincia ti permetteranno di lavorare, sarai benaccetto.»
«Grazie, Sasha…» - tagliò corto Marco - «Se sei d’accordo passerei alle domande del pubblico, se ci sono…» - e senza aspettare una risposta si rivolse verso la platea - «Non siate timidi…»
Non fu necessario insistere: «Paola Nadrì, per Film Fest. Qualcuno sostiene che i generi più popolari - in particolare nelle serie in streaming - siano espressione di una società sempre più fascista e classista…»
«È probabile. La critica sociale, il realismo, la satira, di certo non sono l’oppio dei popoli, il prodotto di qualunque pensiero unico, naturalmente binario e maschilista, sono cose che non piacciono a chi detiene il potere e a chi vi ambisce, alle ideologie securitarie e conservatrici, al bisogno di appiattimento, sicurezze e distrazione. Oggi, un cinema che proponga temi e generi che facciano appunto critica sociale, satira, realismo in modo chiaro, esplicito, non va molto lontano. Un cinema possibile, seppur a rischio di ostruzionismo e censura, destinato ad un pubblico di nicchia, ad avere pochissima distribuzione e quindi ad incassare veramente poco, non abbastanza per il costo che comunque ha. Ma la domanda è: “è nato prima l’uovo o la gallina?”, ossia, siamo noi che vogliamo prodotti facili, acritici, estranianti e consolatori, o è il mercato nella figura di chi lo finanzia, gestisce, chi ne trae guadagno in termini economici ma anche di consenso che guida le nostre scelte, le nostre preferenze? Questa domanda dovremmo porcela relativamente ad ogni aspetto del tempo che ci illudiamo di vivere, ad ogni scelta che ci inganniamo di compiere.»
«La Sua risposta?», chiese una voce dal fondo della sala.
«Penso, ovviamente, che non sia farina del nostro sacco, non tutta, almeno.»
«Chi va al mulino s’infarina e Lei, comunque, è qui grazie a questo…», disse un tizio dalla prima fila, forse non provocatoriamente.

«Verissimo. Grazie a questo siamo tutti qui - anche Lei.»

 

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