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Pagina creata il 12 Marzo 2018
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Aggiornata Martedì 13-Mar-2018

 

PROCESSIONE DI SANTA CROCE 2014

 

L'ultima volta che ho visto la processione, era il 2011. Già allora mi parve che la manifestazione stesse perdendo appeal e visitatori (le due cose camminano sempre insieme), ma ancora si sgomitava per fare due foto o per trovare un posticino da cui guardarla passare.

Stamani leggo che "E’ stata sicuramente una delle processioni di Santa Croce più suggestive e partecipate degli ultimi anni". Stando a quanto riportato, a parte qualche esercizio commerciale che ha tenuto le luci accese, addobbi e partecipazione sarebbero stati all'altezza. Il Sindaco, quindi, è soddisfatto.

E pensare che io, stamani, avrei titolato un mio editoriale: "Tristezza e squallore". Tristezza, perché definire luminara i quattro lumini pagati dal Comune (?) che tracciano il percorso della processione, è far torto alle luminare vere, sia quelle lucchesi di un lontano passato, ahinoi, sia quelle che si svolgono a pochi chilometri da qui (Pisa, tanto per dirne una). Squallore, perché il mercato in Piazza Napoleone mette i brividi tanto è tale, perché Piazza San Michele con le botteghe illuminate, l'insegna della Banca Unicredit e i lampioni comunali accesi, giustificavano i commenti a dir poco delusi dei turisti e di chi ricorda altri e ben più emozionanti 13 settembre.

Ma il Sindaco è soddisfatto. Soddisfatta la stampa. Troppo impegnati a immaginare cose che non esistono per rendersi conto di vivere in una realtà parallela.

Memore delle difficoltà incontrate negli anni passati, sono partita presto di casa. Alle 15:30 parcheggiare non era un problema, avevo solo l'imbarazzo della scelta. Ho pensato che fosse la mia giornata fortunata. Con la mia ospite decidiamo di mangiucchiare qualcosa. Propongo un pezzo di pizza da Felice ma l'avverto: ci sarà da fare la fila. Giuro, era vuota - vuota come non ricordo di averla mai vista. Ok, facciamo un giro - e penso che faremo fatica a farci largo. Nulla, pareva non fosse nemmeno sabato. Abbiamo preso un caffè in un bar centralissimo potendo persino scegliere il tavolo a cui sederci e intorno alle 18:30-19:00 le dico: andiamo in San Frediano, vedrai ressa... macché, a un matrimonio vi sarebbe stata più gente. Certo, in fondo alla piazza, dove le transenne impedivano l'accesso da Via Fillungo, la calca di curiosi e persone in attesa era evidente, ma passata la strozzatura, si passeggiava senza incontrare alcuna difficoltà. A quel punto suggerisco di tornare in San Michele. Sentenzio: ci sarà il mondo. Invece, troviamo persino da sederci sui gradini di marmo. Insomma, abbiamo guardato la processione in santa pace, potendoci muovere comodamente da un punto all'altro del tratto di strada da Palazzo Pretorio all'angolo con Via Beccheria senza dare fastidio o dover discutere con gli altri, anzi, vi erano zone dove non c'era quasi nessuno. Ore 22:30 circa: la processione è passata, si va sulle Mura. Dalle 22:45 alle 23:30, la passeggiata di San Frediano si riempie sino a scoppiare. Laici battono religiosi 3 a 1. Le persone siedono sul parapetto, circolano biciclette e persino tre deficienti su quei trabiccoli elettrici a due ruote su cui si sta in piedi e si guidano con i movimenti del corpo. In quei 45 minuti non ho visto un vigile, un carabiniere, un poliziotto, un vigile del fuoco - probabilmente erano tutti in San Martino. In compenso, però, è passata un'auto con le insegne di non so quale istituzione, una camionetta della protezione civile, due ambulanze - pareva la circonvallazione all'ora di punta. Finalmente cominciano i fuochi d'artificio: l'unica cosa bella della serata. Il rientro, neanche a dirlo, è stato tranquillo e ordinato. Nonostante i semafori spenti.

Se io fossi il Sindaco avrei ben poco di cui essere soddisfatto. Ma io non sono il Sindaco e non lo sarò mai, per fortuna.

 

POST SCRIPTUM

 

Nei confronti della festa di Santa Croce, della processione, ho un legame affettivo molto forte e moltissimi ricordi. La mia famiglia montava il banco dei frati ogni settembre in Piazza San Michele sull'angolo con Via Vittorio Veneto, di fronte a Palazzo Pretorio. E' stato così dai primi anni Sessanta (e forse prima, non so) sino almeno alla fine dei settanta ed io ho trascorso la mia infanzia lavorando al banco e giocandovi intorno. So cos'è stata questa festa per i lucchesi, lo so intimamente, profondamente, per averla vissuta dal di dentro - e so cos'è diventata perché posso fare confronti. Ma la prima volta che ho potuto vedere la processione, non è stato in quegli anni, è accaduto dopo, quand'ero già grande e la storia della mia famiglia era già morta e sepolta, insieme ai suoi banchi, ai suoi frati, ai suoi fiori.

Il giorno di Santa Croce, Lucca era letteralmente invasa, piena di gente a tal punto che, sebbene mi mettessero in piedi sul banco per veder passare la processione, in realtà non ho mai visto un tubo. Le persone prendevano posto lungo il percorso già dal mattino e lo difendevano con le unghie e con i denti sino a sera. Mangiavano in piedi, si davano il cambio per andare al bagno, si azzuffano con i vicini che magari, centimetro dopo centimetro, guadagnavano un po' di spazio. Non si muovevano neppure per far lavorare gli addobbatori i quali facevano una fatica dannata per poter posizionare i bicchieri lungo i telai di legno e, più tardi, accendere i lumini. Da ragazza, quando ormai di Tuna e del suo banco dei frati non si ricordava più nessuno, ho fatto anche questo: l'addobbatrice. Salivo sulle scale di legno che parevo una scimmia, portandomi appresso le sporte piene di lumini, gridando a quelli sotto di me di spostarsi, ma nulla - la posizione guadagnata valeva il rischio di prendersi in testa un bicchiere. E il giorno dopo, quante risate: seduti sulle panchine in Via Roma a guardare la gente che svirgolava sulla cera, cadeva, fare la conta dei feriti.

Il mercato, con il piattaio che lanciava le stoviglie in aria e ogni giorno si rovinava un po' di più quasi regalandole! I banchi dei giochini, dei dolciumi, dei grembiuli scolastici, dei cristalli. I pranzi acquistati al Piccolo Mondo, consumati alla meglio, improvvisando tavolini e sedie. Le infinite lotte contro la pioggia che filtrava tra una rivendita e l'altra infradiciando tutto. I banchi, non uno uguale a un altro.

Ecco, questa era la festa di Santa Croce e questa rimase anche dopo l'arrivo delle strutture modulari e delle prime cineserie, dopo la scomparsa degli ambulanti storici, l'aumento dei costi di gestione, l'introduzione di regolamenti comunali sempre più stringenti. Poi, però, ad un certo punto i lucchesi non ebbero più voglia di spendere per addobbare i loro negozi e i loro palazzi, persero interesse per le tradizioni antiche, smisero di capirle, di impegnarsi per trarvi piacere o profitto. Persino i campagnoli e i montanari non ebbero più motivi per scendere in città. Tuttavia, ci rimanevano i turisti ai quali ancora si poteva vendere quel che si voleva, ma i turisti non sono scemi e il tempo delle vacche grasse, ingrassate con poco e sempre meno, è finito. Se i commercianti lucchesi pensano di vivere di rendita ancora per molto, magari spillando i soldi ai residenti per non pagare quei quattro bicchierini che fanno pena, si sbagliano di grosso. Dovranno darsi da fare e parecchio, anche. Dovranno investire i loro preziosissimi spiccioli e le amministrazioni faranno meglio a puntare i piedi se vorranno che il turismo salvi l'economia o almeno il commercio, a Lucca.

Soddisfazione un cavolo, caro Tambellini.

 

 

 

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